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I probiotici vengono definiti “microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate, conferiscono benefici alla salute dell’ospite”. Sono potenzialmente probiotici sia i batteri e sia i lieviti. I principali probiotici comprendono Lattobacilli, Bifidobatteri, Streptococchi, Escherichia coli, Lactococcus lactis e alcuni Enterococchi, mentre il lievito più utilizzato è il Saccharomyces boulardii (Gallo et al., 2016). Per raggiungere la mucosa intestinale vivi e vitali devono essere in grado di sopravvivere all’acidità gastrica e all’alcalinità biliare; devono poi essere capaci di aderire alla mucosa intestinale e colonizzarla per svolgere la loro azione benefica. 

L’ottenimento della denominazione “probiotico” segue un preciso iter che parte dall’identificazione dello specifico ceppo, le cui caratteristiche vanno depositate presso un archivio internazionale, e passa per la verifica di sicurezza ed efficacia. Sono microrganismi che, nella maggioranza dei casi, producono acido lattico, ma a differenza dei batteri lattici rimangono vivi all’interno dell’organismo dove si replicano ed esplicano attività metaboliche, fornendo quindi un beneficio.

“Dei termini probiotici e prebiotici, si fa largo uso, spesso impropriamente, senza avere una chiara idea della natura, dell’attività e dell’utilità di ciascuno di essi. Proviamo a fare chiarezza.”

 A differenza dei probiotici, i fermenti lattici, una volta ingeriti, non sopravvivono al passaggio nello stomaco, al di là del fatto che possano esplicare o meno proprietà benefiche. In genere quando si parla di fermenti lattici ci si riferisce a materiale di cui non sappiamo né composizione, quantità e dosaggio, né se e quanto sopravvive attraverso le barriere stomaco-duodeno-intestino tenue. Quando somministriamo un fermento lattico, pertanto, stiamo dando un alimento che contiene microrganismi in grado di “digerire” il lattosio e produrre acido lattico, ma non sappiamo il dosaggio, se sono davvero in grado di metabolizzare il lattosio e dove lo faranno.

I meccanismi con i quali i probiotici svolgono i propri effetti protettivi possono essere diretti, sugli organi e sui tessuti dell’ospite, o indiretti, mediante modulazione del microbiota intestinale, e comprendono: la promozione della funzione di barriera della parete gastrointestinale, la regolazione delle risposte immunitarie locali e sistemiche, tramite la produzione di IgA e citochine antinfiammatorie, l’antagonismo nei confronti di batteri patogeni e infine la sintesi di composti ad attività enzimatica o di metaboliti benefici per l’ospite. L’epitelio intestinale ospita il maggior numero di cellule del sistema immunitario e un numero di cellule del sistema nervoso secondo solo al cervello. Infatti, Il 70% del sistema immunitario si trova a livello della barriera intestinale e il suo sviluppo è fortemente regolato dal microbioma.

Un prebiotico è una sostanza che risulta non digeribile per l’organismo umano ma viene utilizzata dalla flora intestinale ed è in grado di stimolare selettivamente la crescita, l’attività o entrambe, di uno o di un numero limitato di specie batteriche già residenti nel colon.

Quindi, un ingrediente alimentare per essere classificato come prebiotico non deve essere idrolizzato né assorbito nella parte superiore del tratto gastrointestinale, deve fungere da substrato selettivo nel colon e infine deve essere in grado di alterare la microflora del colon verso una composizione presumibilmente più favorevole sul piano della salute dell’ospite. Di tutte queste caratteristiche, quelle specifiche dei prebiotici sono la selettività e la fermentazione nell’ambiente misto di coltura

Sono prebiotici, ad esempio, le fibre alimentari come l’arabinossilano, un polisaccaride non amidaceo che si trova in molti cereali, alcuni polisaccaridi presenti in alghe e microalghe e gli oligosaccaridi, anche se solo i fruttani come l’inulina e i galattooligosaccaridi rientrano completamente nei criteri fissati per la classificazione come prebiotici.

Per la loro struttura chimica e la conseguente incapacità dell’ospite di digerirli, i prebiotici vengono direttamente fermentati nel colon dai batteri endogeni ad acidi grassi saturi a corta catena, con una conseguente riduzione del pH. Con questo processo, essi possono esercitare effetti antinfiammatori, stimolando ad esempio l’aumento delle cellule T regolatorie e la riduzione di Interferone (Gallo et al., 2016). I prebiotici possono anche inibire l’aderenza dei patogeni all’epitelio intestinale prevenendone quindi il passaggio attraverso l’epitelio.

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